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Sono un frustrato, quindi scrivo sul blog.

Ho notato che sono ancora molto di voga le discussioni riguardo ai motivi che spingono una persona a scrivere su un blog. Anche io ho cominciato a riflettere su questo, nonostante scriva oramai da più di un anno. Come probabilmente la stragrande maggioranza delle persone, ho iniziato a scrivere per induzione, ovvero leggendo altri blog, tra cui l’oramai famoso BeppeGrillo.it.
Mi affascinava il cambio di rotta del web, verso un mondo virtuale fatto di contenuti e nient’altro. Rimango dell’opinione che la blogosfera deve il suo successo non tanto alla diffusione della rete in generale, ma alla decadenza di tutti gli altri sistemi d’informazione. Per la prima volta nella storia dell’informazione, ci si trova davanti all’utente che attivamente ricerca i contenuti, mentre i sistemi tradizionali, come radio e TV, inviano e la persona subisce passivamente, rimanendo con l’unica possibilità  di scelta in mano, un telecomando con i tasti da 1 a 7 consumati. Se c’é qualcuno che ha guardato più di una volta a settimana un programma televisivo registrato sul numero 8 me lo faccia sapere.
Proprio grazie alla mia personale frustrazione lavorativa, decisi che dovevo fare qualcosa per non perdere il treno e di conseguenza anche un valore intellettuale personale.
Uno dei miei primi post descriveva esattamente la mia delusione professionale in Italia, dopo tanti anni passati all’estero. Mi sono ritrovato in un paese mentalmente perpetuo, con concezioni lavorative morte.
Per la prima volta nella mia vita professionale mi sono quindi accorto che esistono tre possibilità :
1. Ci si fa inglobare lentamente dai perpetui per diventare a propria volta RICCO, POTENTE e STUPIDO come loro;
2. Non ci si fa inglobare, ma si cerca di prendere il lavoro come una sfiga virtuale che dura esattamente 8 ore. In queste 8 ore si cerca di far funzionare solo i neuroni che accettano ordini dai grandi manager, spegnendo tutti gli altri neuroni che normalmente creano problemi, perchà© fatti per pensare. Dopo le otto ore si torna nella vita reale scordandosi tutto il resto;
3. Si cerca di utilizzare i neuroni passivi ed ogni tanto qualcuno attivo, per cercare di capire il senso di un meeting di due ore e mezza, dove si é discussa la nuova disposizione dei cestini per l’immondizia. Grazie ai pochi neuroni attivi si é riusciti a capire d’aver buttato via 2 ore e mezza della tua vita e ti accorgi d’essere ancora vivo mentalmente proprio perchà© ti sei chiesto il “Perchà©?”.
Le tre possibilità  non sono buone o cattive, ma semplicemente differenti, si tratta solo di una scelta personale. Personalmente ho optato per la terza.
Il mio “Perchà©?” inizia esattamente durante il mio ritorno in macchina e proprio a partire da quel momento la mia mente inizia a lavorare. Arrivo a casa, accendo il mio “piccì” e mi sfogo.
Leggo che durante quelle due ore mezza, migliaia di persone si sono poste il mio stesso problema e lo hanno scritto su un blog. Inizi ad apprendere che la discussione sulla disposizione dei cestini alla fine non era nemmeno sbagliata, ma si poteva per esempio anche parlare di come disporli, che forse ne sarebbe bastato solo uno condiviso da 3 persone, che si potrebbero usare 3 cestini condivisi da 3 persone ma con funzioni differenti, uno per la carta, uno per il vetro e un altro per la plastica, o forse il cestino della plastica non servirebbe se si comprasse materiale con meno imballaggio.
Questo é il motivo che mi spinge a scrivere su un blog, condivido con altri le mie idee, nate da una frustrazione iniziale e siccome i frustrati in questo paese sono tanti, ne fuoriesce una quantità  tale d’informazioni, che ti senti veramente stupido se non ne entri a far parte.
Dopo tutta questa serie di riflessioni sono arrivato quindi alla seguente conclusione:
1. Sono un frustrato;
2. Leggo i blog a causa del motivo 1;
3. Scrivo sul mio blog dopo il punto 2;
4. Il giorno dopo sono meno frustrato, più informato ma anche più incazzato perchà© le riflessioni nate dopo i punti 2 e 3, non tutti riescono o vogliono capirle, riportandomi quindi a ricominciare dal punto 1.

La rete sociale avanza in Iran

Oggi l’Iran é lo stato medio-orientale con il più alto numero di blogger. Uno dei più famosi é sicuramente Hoder Hossein Derakhshan, che dal 2001 scrive sul suo blog i.hoder (persianoinglese).
Derakhshan é uno dei primi blogger iraniani che ha intuito il funzionamento sociale della rete e grazie a questo mezzo ha iniziato a diffondere idee di rivoluzione sociale contro i Mullahs, argomento considerato da sempre forte tabù politico.
Proprio a causa delle sue idee e dei suoi messaggi Derakhshan é diventato una sorta d’eroe popolare in Iran.

Essendo il blog un sistema d’informazione utilizzato dalle giovani generazioni, appare chiaro che i suoi messaggi si siano diffusi a macchia d’olio all’interno degli istituti scolastici e nelle università , dando moto ad un effetto domino devastante, che ha fatto vedere la luce a 700.000 nuovi blog in poco tempo, certamente non tutti di natura politica.
Nonostante i suoi successi, Derakhshan rimane molto critico a riguardo e non vede ancora attraverso i blog una reale opposizione politica, anche perché molti blog parlano d0argomenti privati che con la politica proprio non hanno nulla a che fare.

Ma c’é un fattore importante: la diffusione di dati privati é contro l’ideologia dello stato iraniano e di conseguenza si scontra con la società , la cultura tradizionale e chiaramente la politica.
Derakhshan definisce i blog in Iran come “allenamenti per l’individualità , un luogo dove i giovani iraniani imparano a comunicare. Secondo i suoi dati circa il 35% delle persone che scrivono sono donne, che attraverso la rete cercano di creare una comunità  di persone che si batta contro il problema della discriminazione femminile.
Ci si aspettano comunque delle reazioni negative da parte del governo, che già  nel 2004 arrestò un giornalista iraniano a causa delle sue critiche politiche sul blog omemarian.blogspot.com.

Esattamente come in Cina (e purtroppo tanti altri stati), tutto questo conferma che la rete fa paura ai sistemi, perché crea consapevolezza e diffonde conoscenza, due elementi importanti perché si attivino determinati processi democratici.
Da alcune settimane in Iran é stato attivato un centro informatico, dedicato appositamente al filtraggio di contenuti politici e di pagine web.

Chiaramente il blog di Derakhshan é da tempo irraggiungibile dalla rete iraniana e anche tutti gli altri blog, che non sono conformi al pensiero del governo iraniano hanno vita dura.

Il futuro dell’editoria

Nulla di buono all’orizzonte per i quotidiani, non solo quelli nostrani, ma di tutto il mondo.
Questi si trovano proprio in mezzo a diversi attacchi. I costi di stampa aumentano e gli incassi pubblicitari diminuiscono. E’ di questa settimana la notizia che indica il boom della pubblicità  online. In Inghilterra si pronostica che entro la fine del 2006, i profitti attraverso pubblicità  online supereranno quelli realizzati attraverso il classico media cartaceo.

Lo studio fatto dall’agenzia GroupM, calcola che nel 2006 gli investimenti online copriranno il 13,3 percento del mercato pubblicitario inglese. In USA ci troviamo, come già  detto, davanti allo stesso fenomeno, la diffusione di pubblicità  online aumenta in maniera quasi sproporzionata. Durante il primo quadrimestre 2006 si é arrivati a coprire il 38% del mercato pubblicitario, passando quindi dai 2,8 miliardi di dollari del 2005 ai 3,9 del 2006.
Proprio la rapida diffusione della pubblicità  online, ha lasciato molti analisti di stucco. Solo sei anni fa, in Inghilterra il settore online copriva l’1% del mercato pubblicitario.

I giovani leggono sempre meno, oggi vivono di SMS, e Internet avanza con la banda larga.
Grazie ai blog oggi la rete é diventata più affidabile e aggiornata di qualsiasi testata giornalistica. Se poi ci pensiamo bene, gli stessi quotidiani si fanno concorrenza da soli, poiché i contenuti dei loro siti sono quasi interamente gratis. Effettivamente non avrebbe senso mettere a pagamento i contenuti, perché questi sono poi tranquillamente reperibili attraverso altri migliaia di siti.

C’é quindi un cambiamento, che forse nessuno si aspettava arrivasse in maniera tanto rapida. Non penso che la stampa classica sparirà , ma spariranno quelle testate che non si adegueranno in fretta alle nuove richieste, ovvero più attualità , mobilità  e scelta personale dei contenuti.

L’esempio viene portato proprio in questi mesi attraverso un progetto pilota da parte del quotidiano belga De Tijd. Altri test verranno effettuati poi da Les Echoes di Parigi e dal gruppo tedesco IFRA.
Anche in Italia, attraverso il Gruppo Editoriale L’Espresso, sta partendo un progetto pilota simile a quello belga.
Siamo però ancora lontani dal cambio dei modelli aziendali ee adesso si cerca di aumentare gli introiti attraverso vendite secondarie con Enciclopedie, DVD, Videogiochi. Anche all’estero si cerca di minimizzare il problema allo stesso modo, come in Germania dove gli esempi più indicativi vengono mostrati dal Bild Zeitung (http://www.bild.de/) e dal Sueddeutsche Zeitung (http://www.sueddeutsche.de/) attraverso i loro portali e-commerce.
Proviamo ad uscire dall’Europa e andiamo ad osservare il mercato americano. Anche qua la situazione é del tutto identica a quella europea. Il Washington Post guadagna di più con la sua Start-Up Kaplan, che offre libri e test sulla preparazione d’ammissione universitaria, che con la vendita del suo quotidiano.
Come non poteva accorgersi Bill Gates di questa situazione? Questo ha infatti reagito pronosticando (e preparandosi ma si sa ancora poco) che i quotidiani sopravviveranno solo se verrà  introdotta una certa interattività  tra il quotidiano classico e la rete.

Al momento tutti guardano e si avventano su Internet, le sue comunità  e sui blogs.
Altro esempio di questo cambiamento é il progetto Newspaper Next , dove si cerca finalmente d’instaurare un dialogo reale con il lettore.
Sappiamo tutti cosa é successo lo scorso anno con gli attacchi terroristici a Londra e durante gli scontri nelle periferie parigine. Le notizie sono arrivate prima sulla rete e poi sui quotidiani, inoltre le prime erano semplicemente più attendibili. Oggi le persone viaggiano con cellulari in grado di scattare foto e girare video, hanno portatili in grado di connettersi in rete ovunque, insomma il “Citizen-Journalism” é un fenomeno che nasce e cresce da solo, basta semplicemente avere il posto per inserire le proprie notizie.

Quello dell’editoria é un tema molto caldo, che probabilmente ci accompagnerà  nei prossimi anni. Sarà  interessante vedere non solo come le cose cambieranno, ma quali impatti verranno causati all’indotto circostante.

Dimmi che lingua parli e ti dirò quanto bloggi

technorati stats

David Sifry, fondatore e CEO di Technorati, ha pubblicato un’interessante analisi sulle lingue utilizzata dai blogger.
Secondo voi qual’é la lingua più diffusa? Io pensavo inizialmente al cinese o all’inglese ma sbagliavo. La lingua più utilizzata sui blog é il giapponese (37%), seguita dall’inglese (31%) e dal cinese (15%).
L’italiano ha una diffusione del 2%, affiancandosi al francese (2%) e superando il tedesco (1%).
Interessante anche osservare lo sviluppo temporale. Nel 2005 il giapponese si fermava al 31%, contro appunto il 37% di marzo 2006

La panza é piena e la mente vacilla.

Enoteca Italiana

Sono appena arrivato a casa, diciamo leggermente brillo, dopo una bellissima serata trascorsa con due carissimi amici ricercatori, Robert lo svedese e Alessandro il sardo. Sono stato all’enoteca italiana, bellissimo locale all’interno della fortezza medicea di Siena. Il caro Alessandro é arrivato in ritardo saltando l’ottima cena a causa di problemi enoginecologici. La serata, a base di piatti e vini del Trentino, Piemonte, Lazio e Lombardia, é stata intensa. Abbiamo parlato di tanti argomenti, partendo spaziando dalla musica di Kate Bush per arrivare al mio amore per le tecnologie. Difficile trovare un gruppo di persone disposte non solo a parlare, ma anche ad ascoltare. Robert mi sorprende spesso. Ha una grossa cultura e analizza bene i sistemi comunicativi del nostro paese. Mi colpiscono sempre le critiche sui nostri mezzi di comunicazione, nel caso specifico le televisioni, perché é normalmente difficile comprendere la complessa struttura dei nostri mass-media, da parte di una persona che arriva dall’estero.
Desidero mantenere questo blog, un luogo apolitico, ma quando un amico svedese parla di “telegiornali propaganda”, la cosa mi coglie sempre alla sprovvista. Parlo dei blog e dell’importanza e del rilievo che questi possono avere nel modo di comprendere l’informazione in Italia. Anche questa volta Robert mi ha sorpreso. Lui vede, e forse vedrà  ancora, i blog come un passaggio momentaneo di una cultura tecnologica. Non la penso così.
Chi scrive e genera giornalmente contenuti all’interno di un suo blog lo fa per diffondere i suoi pensieri, banali o intellettuali che siano.
La differenza é che esiste una diversità  di contenuti all’interno dei blog. Io filtro e sono al tempo stesso la mia censura. Scrivo ovvero sono. Il tutto é una mia opinione, condivisibile o non, da altre persone.
Quello che però mi ha fatto realmente riflettere, é che sempre più spesso noto che la diffusione di un blog avviene attraverso un numero di persone che lo utilizzano per scrivere. Insomma é un circolo forse vizioso di persone, forse sempre le stesse. Le persone estranee a questi sistemi non hanno ancora recepito il messaggio di base che vuole essere lanciato. Sto parlando in ogni modo di due persone, Robert e Alessandro, che hanno conoscenze culturali e informatiche.
La domanda di cui mi occuperò questa sera, prima della classica sigaretta della buona notte é: i blog, di cui si parla quotidianamente, sono realmente così diffusi?
Si tratta solo di questioni tecniche, come il digital divide o i blog sono solo un formato di nicchia?
Stiamo forse lasciando da parte i “classici” sistemi d’informazione in rete?
Adesso ci penso, mi fumo una sigaretta e se avrò un’idea, domani la scrivo.