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Archives for : Censura

Anche l’Egitto fa la sua bella figura

In Egitto, Alaa Abd El-Fattah, é un famoso blogger, un critico politico, che domenica scorsa é stato arrestato insieme con altre dieci persone, durante una dimostrazione nelle strade del Cairo. L’arresto é stato effettuato per aver effettuato propaganda contro il regime e per offesa pubblica verso il presidente egiziano.

Il blogger e una cinquantina d’attivisti del gruppo democratico “Kifaya“, si erano radunati nel centro della città  del Cairo, per supportare due giudici indipendenti sotto processo.
Lo scorso anno Alaa Abd El-Fattah e sua moglie Manal, sono stati premiati al concorso tedesco “Deutsche Welle Weblog Awards” (sito in lingua spagnola), con il premio speciale “Reporters without Borders”, per la loro attività  in Egitto, a favore dei diritti umani, delle riforme politiche e aver avviato un processo critico nella rete.
In concreto, come spesso avviene in questi casi, l’arresto é semplicemente un atto per incutere timore a tutte quelle persone che attivamente e intelligentemente, criticano le posizioni politiche del proprio e di altri paesi.

Altre fonti italiane che parlano di questo schifoso arresto:

http://bloggersenzafrontiere.blogosfere.it/

http://www.coruzzi.net/

L’efficienza della censura cinese: Il QuarterNet

Mi accorgo proprio adesso, mentre scrivo il titolo quest’articolo, di come molto spesso le parole siano associate a significati secondari, buoni o cattivi, positivi o negativi. La parola “efficienza” sembra addirittura paradossale affiancata al termine censura.
Oggi ci troviamo con più di 110 milioni di cinesi in giro per internet, anche se forse sarebbe meglio coniare un nuovo termine, visto che la rete non é disponibile nel suo complesso, ma solo una parte di questa può tranquillamente essere letta dal popolo cinese. Direi che il termine “QuarterNet” può starci bene, un quarto di rete, ovvero ciò che rimane di Internet dopo il filtraggio da parte delle burocrazie cinesi.
Usa Today riporta alcuni dati ufficiali rilasciati dalla CNNIC (China Internet Network Information Center). Sembra infatti che in Cina siano circa 30.000 i poliziotti informatici che controllano i movimenti e l’utilizzo della rete. Non si tratta di poliziotti che vanno in giro per la città  a controllare i molteplici internet café, ma di una vera task force informatica, in grado di osservare tutte le abitudini degli utenti e di controllare il materiale disponibile in rete. Tutti i PC disponibili pubblicamente, come appunto quelli degli internet café, hanno un piccolo software che controlla tutto quello che viene scritto é inserito con la tastiera, insomma il classico Keystroke Logger. Tutto questo viene poi controllato per verificare che non vi siano contenuti criminalmente perseguibili.
Ecco quindi ripetere la parola magica: efficiente. Si questo é un sistema efficiente. Nel 2005, solo a Pechino e Shanghai, sono stati arrestati 1000 utenti all’interno degli internet café.

Yahoo aiuta la dittatura cinese.

Dotcomunism
Si é parlato tanto di Google e della sua censura in Cina ma come si comporta la concorrenza?

RSF ha rilasciato notizie preoccupanti riguardo alla cooperazione tra Yahoo e il governo cinese.
Yahoo ha fatto qualcosa di sconcertante, offrendo tutti i dati personali del reporter Li Zhi al governo cinese. Li Zhi é stato condannato nel 2003 ad otto anni di prigione per aver criticato, attraverso internet, la corruzione all’interno del sistema burocratico cinese.

Se le aziende, nate con lo scopo di diffondere informazioni e contenuti, diventano un mezzo di controllo del governo, ci si ritrova con un blocco totale dell’informazione.
La censura può essere in parte aggirata, certamente con tutti i pericoli che si hanno all’interno di una dittatura, ma quando i mezzi offerti diventano subdole trappole per carpire gli interessi delle persone, ci si trova davanti ad un problema totalmente differente e pericoloso.
Google & Co. sono in grado di fornire enormi quantità  d’informazioni riservate, ma se Li Zhi é stato condannato solo per aver criticato la corruzione, cosa potrebbe succedere a persone che cercano in rete parole come “libertà  e democrazia”? Certo molti siti sono oscurati dalla censura, ma a questo punto é legittimo pensare che Yahoo e Google possano fornire informazioni dettagliate, per esempio, di tutte le parole “pericolose” ricercate da un certo indirizzo IP. Se viene superato un certo limite si passa al controllo totale, come nel caso di Li Zhi.

Non posso che essere d’accordo con Rubina Moehring, presidente di RSF in Austria, che vede la collaborazione del governo cinese insieme ad aziende come Google e Yahoo, come ulteriore minaccia per i diritti umani.
La portavoce di Yahoo, Mary Osako, ha cercato di far passare la cosa come legittima e banale, dichiarando che l’azienda ha fatto quello che la legge cinese richiede, inoltre non si sapeva per quale motivo questi dati fossero stati richiesti.
Una scusa debole e stupida. Se lo stato cinese, con la sua tristemente famosa dittatura, richiede i movimenti in rete e i dati personali di una persona, sorgerà  pure qualche dubbio riguardo alla legittima di questa richiesta.

Forse sono paranoico, ma é una situazione che non mi piace. Le aziende che tengono in pugno l’informazione digitale sono poche e questa forma di monopolio può diventare un serio pericolo. I casi cinesi dimostrano che c’é bisogno di concorrenza. La Francia e il Giappone hanno già  cominciato a muoversi, ma per arrivare al livello di Google potrebbero passare degli anni. Ci vorrebbe quindi un progetto realmente europeo, con il contributo di tutti gli stati membri.

Marocco e Tunisia. La faccia della censura.

DotComunism

Ultimamente si parla spesso della censura praticata dal governo cinese sulla rete, tralasciando in parte altri paesi, che praticano una censura altrettanto forte. Il Marocco ha da poco bloccato il sito Anonymizer.com e la Tunisia quello della Federazione Internazionale dei Giornalisti, IFJ. (Fonte: Balancing Act)

Già  nel dicembre del 2005, il Marocco aveva bloccato gli accessi ai siti dei Sahrauà s, il gruppo etnico che desidera l’indipendenza della parte occidentale del Sahara, che nel 1976 fu dichiarata indipendente dalla Spagna ma che fu invece occupata dalle truppe marocchine per essere poi inglobata al Marocco nel 1979.
Nonostante diverse missioni diplomatiche dell’ONU, il Marocco vieta ai Sahrauà s ogni forma d’indipendenza culturale e sociale.
Certo sono stati fatti dei passettini importanti, nel 1999 il Re Mohammed VI promise di osservare le regole internazionali sui diritti umani e nel 2004 é stata fondata una commissione speciale proprio per questo.
Nonostante tutto, l’associazione “Reporter Senza Frontiere” parla ancora di una fortissima e violenta censura verso giornalisti e critici che sono normalmente arrestati e torturati.
La RSF aveva poco tempo fa consigliato, l’utilizzo del servizio Anonymizer.com per aggirare le censure internet del governo marocchino. Purtroppo, come già  scritto sopra, questo sito é stato immediatamente bloccato dalla censura marocchina.
Come nel Marocco, anche in Tunisia é praticata una simile censura contro giornalisti e giudici indipendenti dal governo.
Di questi temi si voleva discutere alla Conferenza Mondiale sull’Informazione, che si é svolta proprio in Tunisia. Sono state molte le critiche fatte proprio per la scelta del luogo. La Tunisia ha accettato con tranquillità  queste critiche, bloccando l’accesso al sito della Federazione Internazionale dei Giornalisti.