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Net Neutrality – La neutralità  della rete

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In USA il tema riguardante la neutralità  della rete é fonte di discussione già  da diversi mesi.
Lentamente questa discussione comincia ad entrare anche all’interno della rete italiana, generando non poche perplessità  e domande a riguardo.
Ma di cosa si tratta esattamente?

La discussione sulla neutralità  della rete é portata avanti da due frazioni con idee completamente differenti. Da una parte troviamo le grandi aziende di servizi (Google, Yahoo, Ebay, etc.) dall’altra i fornitori delle telecomunicazioni, come la nostra Telecom Italia.
Il concetto di neutralità  della rete é semplice: i contenuti disponibili in internet devono essere trattati allo stesso modo, a prescindere dalla loro funzione o dal loro scopo. Per fare un esempio pratico, la possibilità  di collegarsi a Yahoo o di comprare un DVD su Amazon deve essere sempre garantita, il collegamento alla rete deve rimanere marginale. Se io mi collego con Alice o con Libero, l’accesso ai contenuti deve rimanere lo stesso. Insomma tutti sono collegati a tutto, per utilizzare un termine tecnico, si tratta del principio “end to end”.
Insomma la “neutralità ” un principio fondamentale, esistente fin dagli inizi della rete e proprio la prima frazione desidera mettere il tutto per iscritto. Per rimanere in tema, giacché siamo appena usciti da un referendum, si desidera avere una specie di costituzione per la rete.

I provider, forti grazie al possesso del maledetto cavo, cercano di temporeggiare ed in parte di ostacolare la scrittura di tale documento e quindi di mantenersi la facoltà  di bloccare l’accesso a determinati siti. In poche parole se il cliente vuole andare su Ebay, Amazon o Google, in futuro potrebbero anche pagare.
Voci importanti in materia hanno espresso le loro perplessità . Parlo di personalità  che conoscono bene la rete perché loro l’hanno inventata. Persone come Vint Cerf o Tim Berners Lee.

Certamente noi non viviamo in America, ma se é vero che internet non ha confini territoriali, non dobbiamo pensare che uno scenario di questo tipo non possa verificarsi anche in Europa o in maniera più specifica nel nostro paese. Forse noi dovremmo avere anche qualche dubbio in più per le esperienze avute con Telecom Italia.
Quindi questo problema ci riguarda eccome, anzi si é già  coniata l’espressione italiana di “internet a due velocità ”, quindi nulla di fantascientifico ma una possibilità  maledettamente reale. Inoltre proprio per la tipologia strutturale della rete fisica, qualsiasi cambiamento che avviene in America ci porterà  ad introdurre automaticamente delle conseguenze.

Sarò paranoico ma nutro sinceri dubbi, proprio osservando i movimenti che Telecom Italia sta effettuando in questi mesi. Mi sembra infatti che si voglia avere completamente in mano tutta la banda larga disponibile sul mercato, vedi fusione con TIM, l’OPA lanciata verso AOL e per concludere i servizi Triple Play offerti, in altre parole Telefonia, Televisione e Internet. Le offerte diventano sempre più globali, attraverso i servizi Telecom Italia si può acquistare di tutto, film, musica o partite di calcio. Si cerca quindi forse di bloccare l’utente all’interno dei propri servizi?

Molti ora penseranno che io sia estremamente paranoico, ma osservando i movimenti degli altri big player europei, comincio realmente a credere alla mia mente malata e leggendo spesso informazioni dalla Germania ho notato che la Deutsche Telekom si sta muovendo esattamente allo stesso modo. Il pattern é identico, offerte Triple-Plays etc. Ma con una differenza, l’acquisizione fisica di banda larga é inserita nei budget come “Investimento di sicurezza” (Investitionssicherheit). Proprio quest’ultimo punto é al momento fonte di forti dubbi in Germania.
Certamente nessuno ancora ha parlato apertamente di tali conseguenze, ma mi pare che le tendenze siano chiare per tutti, ovvero offrire una grossa quantità  interna di servizi per cercare di lasciarne al mondo esterno il minor numero possibile.

Ripeto, forse sono solo paranoie, ma potrò almeno permettermi d’avere qualche dubbio?

Link:
-> Savetheinternet.com

-> ItsOurNet.org

-> timbl’s blog

Update su Alaa Abd El-Fattah.

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Dallo scorso 7 maggio Alaa Abd El-Fattah é rinchiuso in carcere insieme ad altri esponenti d’opposizione. Il suo blog continua però ad essere aggiornato, il suo ultimo articolo risale al 10 maggio. In questo post si legge:

“Today it hit me, I am really in prison. I’m not sure how I feel. I thought I was OK but I took forever to wake up. The way fellow prisoners look at me tells me I do not feel well but I can’t really feel it.”

Anche l’Egitto fa la sua bella figura

In Egitto, Alaa Abd El-Fattah, é un famoso blogger, un critico politico, che domenica scorsa é stato arrestato insieme con altre dieci persone, durante una dimostrazione nelle strade del Cairo. L’arresto é stato effettuato per aver effettuato propaganda contro il regime e per offesa pubblica verso il presidente egiziano.

Il blogger e una cinquantina d’attivisti del gruppo democratico “Kifaya“, si erano radunati nel centro della città  del Cairo, per supportare due giudici indipendenti sotto processo.
Lo scorso anno Alaa Abd El-Fattah e sua moglie Manal, sono stati premiati al concorso tedesco “Deutsche Welle Weblog Awards” (sito in lingua spagnola), con il premio speciale “Reporters without Borders”, per la loro attività  in Egitto, a favore dei diritti umani, delle riforme politiche e aver avviato un processo critico nella rete.
In concreto, come spesso avviene in questi casi, l’arresto é semplicemente un atto per incutere timore a tutte quelle persone che attivamente e intelligentemente, criticano le posizioni politiche del proprio e di altri paesi.

Altre fonti italiane che parlano di questo schifoso arresto:

http://bloggersenzafrontiere.blogosfere.it/

http://www.coruzzi.net/

Un video su YouTube mostra alcune scorrettezze elettorali in Bielorussia

Normalmente su questo blog, cerco di parlare di temi che mi appassionano, che fanno parte del mio lavoro, dell’amore per la tecnologia e la cultura della rete. Non ho mai parlato di politica, nazionale o internazionale che sia, ma da alcuni giorni mi trovo a leggere e vedere alcune cose che toccano entrambi i temi, un avvenimento che conferma in maniera definitiva l’ascesa in campo dei blog, come media non solo alternativi, ma integrativi.
Sto parlando delle elezioni avvenute alcuni giorni fa in Bielorussia. Navigando tra i blog tedeschi, scopro che su YouTube sta circolando un video che potrebbe provare una pesante truffa elettorale. Il video ha subito suscitato forti reazioni, anche N24, importante canale giornalistico tedesco, ha contattato l’autore del blog media-ocean, per ottenere informazioni riguardo.
Insieme agli amici di SmokeAndThink, stiamo lavorando al caso, cercando di rimanere in contatto con i nostri colleghi tedeschi.
Insomma dopo i disordini nelle periferie francesi, anche questo caso, dimostra come la blogosfera riesca ad arrivare a fonti alternative, che permettono un reale confronto tra gli utenti. Sono sempre stato dell’idea che l’unico filtro dell’informazione deve essere l’utente stesso. Per rimanere in tema, questo video può essere criticato, citato, commentato e non creduto, ma sempre e solo dagli stessi utenti, che come volentieri ripeto, rimane il filtro di se stesso.
Per evitare dispersioni di notizie, rimando tutti gli interessati al blog SmokeAndThink, che lavora attivamente al caso e dove é stato inserito anche la discussa prova video. Ringrazio inoltre Steffen Bueffel e il suo blog media-ocean per avermi fornito tutte le informazioni necessarie.

Yahoo aiuta la dittatura cinese.

Dotcomunism
Si é parlato tanto di Google e della sua censura in Cina ma come si comporta la concorrenza?

RSF ha rilasciato notizie preoccupanti riguardo alla cooperazione tra Yahoo e il governo cinese.
Yahoo ha fatto qualcosa di sconcertante, offrendo tutti i dati personali del reporter Li Zhi al governo cinese. Li Zhi é stato condannato nel 2003 ad otto anni di prigione per aver criticato, attraverso internet, la corruzione all’interno del sistema burocratico cinese.

Se le aziende, nate con lo scopo di diffondere informazioni e contenuti, diventano un mezzo di controllo del governo, ci si ritrova con un blocco totale dell’informazione.
La censura può essere in parte aggirata, certamente con tutti i pericoli che si hanno all’interno di una dittatura, ma quando i mezzi offerti diventano subdole trappole per carpire gli interessi delle persone, ci si trova davanti ad un problema totalmente differente e pericoloso.
Google & Co. sono in grado di fornire enormi quantità  d’informazioni riservate, ma se Li Zhi é stato condannato solo per aver criticato la corruzione, cosa potrebbe succedere a persone che cercano in rete parole come “libertà  e democrazia”? Certo molti siti sono oscurati dalla censura, ma a questo punto é legittimo pensare che Yahoo e Google possano fornire informazioni dettagliate, per esempio, di tutte le parole “pericolose” ricercate da un certo indirizzo IP. Se viene superato un certo limite si passa al controllo totale, come nel caso di Li Zhi.

Non posso che essere d’accordo con Rubina Moehring, presidente di RSF in Austria, che vede la collaborazione del governo cinese insieme ad aziende come Google e Yahoo, come ulteriore minaccia per i diritti umani.
La portavoce di Yahoo, Mary Osako, ha cercato di far passare la cosa come legittima e banale, dichiarando che l’azienda ha fatto quello che la legge cinese richiede, inoltre non si sapeva per quale motivo questi dati fossero stati richiesti.
Una scusa debole e stupida. Se lo stato cinese, con la sua tristemente famosa dittatura, richiede i movimenti in rete e i dati personali di una persona, sorgerà  pure qualche dubbio riguardo alla legittima di questa richiesta.

Forse sono paranoico, ma é una situazione che non mi piace. Le aziende che tengono in pugno l’informazione digitale sono poche e questa forma di monopolio può diventare un serio pericolo. I casi cinesi dimostrano che c’é bisogno di concorrenza. La Francia e il Giappone hanno già  cominciato a muoversi, ma per arrivare al livello di Google potrebbero passare degli anni. Ci vorrebbe quindi un progetto realmente europeo, con il contributo di tutti gli stati membri.