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Emigranti di tutto il mondo unitevi!

Emigranti

Sono le quattro del mattino passate e le mia sigaretta di riflessione notturna si é moltiplicata. Mi trovo seduto sul mio water, molti si vergognano a dirlo, ma a me il cesso ispira moltissimo. Un vero luogo di riflessione, ed é qui che la tecnologia wireless esprime il massimo delle sue potenzialità  ;-) Scherzi a parte, al momento mi trovo a Torino, pronto per ripartire verso Siena, dove mi aspettano le consuete mansioni lavorative. Sono nato a Torino e qui vivono i miei cari e ripartire mi gonfia ogni volta il cuore. Qua ho i miei due amati genitori, due formidabili sorelle e il caro Massimo V. (detto anche “Duracell” per la sua instancabile voglia di parlare) e cari amici, tra tutti Luca G., che vedo poco ma quando lo vedo e come ricominciare un discorso iniziato 10 minuti prima anche se non ci si é parlati per più di 12 mesi.
Da Torino, per motivi di lavoro sono partito per la Germania, dove sono rimasto per quasi 12 anni. Chiaramente anche qui conosco e mi affeziono a tante persone. Una su tutte la mia cara e attuale fidanzata Anja, che ha deciso di seguirmi anche qua in Italia, poi Jens N, Michael M, Tim R. Ralf F, Martin H e Eva M (oggi felicemente mamma a Berlino).
Dalla Germania decido di tornare in Italia, mi trasferisco quindi a Roma. Anche questa non é stata una scelta libera ma imposta da un anno e mezzo di colloqui stupidi e obsoleti a Torino, ma alla fine sono stato non solo contento ma anche soddisfatto di questa scelta. Chiaramente, nonostante avessi già  un ottimo curriculum, ero stato assunto con contratto a termine e questo non poteva offrirmi un adeguata sicurezza da poter permettere anche il trasferimento della mia ragazza che in quel periodo abitava ancora in Germania e sporadicamente (ringrazio le linee low cost di esistere) veniva a trovarmi. A Roma ho conosciuto nuovamente persone splendide che mi hanno aiutato a superare anche i momenti più difficili, Andrea C., Sandro S., Mauro M., Marco S., Mario T. e sua moglie Giovanna, Francesca S. (perdono per non averti nemmeno fatto gli auguri per il bimbo), Leonardo C., Roberta C., Stefano C. e Marika M. (oggi felici sposi). Difficile poi dimenticare il caro Roberto M.(vero motivo di riflessione per questo pezzo e che mi manca davvero tanto) oggi a Londra e Giuseppe M. (detto anche “il tutto scivola liscio sulla corazza della mia indifferenza”). Anche da queste persone, cui volevo e voglio davvero bene, sono stato costretto a separarmi, cambiando nuovamente città  e trasferendomi quindi a Siena.
Qua ho conosciuto nuovamente splendide persone, Dario The Angel e Andrea Livius, Michela Graf, Giovanni G. (detto anche”Ma Vaffanculo”), Lamberto D. (detto anche “Gira gira il cellulare”), Claudia V e la carissima Eugenia M., anche lei obbligata a spostarsi in UK. Persone che già  oggi so che dovrò lasciare, sempre per lavoro, provocandomi l’ennesimo gonfiore al cuore.

Da una parte sono contento d’aver vissuto in alcuni dei posti più belli d’Europa e d’aver conosciuto persone di una sincerità  che non credevo ancora, dall’altra sono incazzato come una bestia perché devo, sempre per lavoro, abbandonare le persone a cui mi sono affezionato.
Purtroppo non riesco a scendere a compromessi. Non sono in grado di fermarmi in una ditta per amore di una città  o per le persone che sono riuscito a conoscere. No, proprio non ci riesco. Amo tanto il mio lavoro e se devo farlo per almeno otto ore al giorno desidero farlo nel miglior modo possibile per essere però anche ripagato nel miglior modo possibile.
E`normale fare uno spostamento, due forse rientrano nella norma, ma io al momento ho 13 traslochi alle spalle. In Germania stavo bene lavorativamente, desideravo semplicemente vivere più vicino alla mia famiglia in Italia. Nei miei ultimi cinque anni all’estero ho appresso talmente tanto, che gli ultimi due anni in Italia valgono per un mese.
Non dipende però dalle persone, ma sempre da chi gestisce le aziende piccole, medie o multinazionali che siano. Purtroppo devo ammettere d’essermi scontrato con una realtà  imprenditoriale assolutamente incapace. Sono sempre stato dell’opinione che il valore reale di una ditta é espresso indirettamente solo ed esclusivamente dai suoi dipendenti e non dal prezzo di vendita del suo prodotto.
In Italia esistono ancora delle isole felici, ma sarà  stata forse la mia ignoranza o la mia sfortuna, non sono riuscito mai a trovarle.
Lentamente, ma sempre più sicuro, si avvicina probabilmente anche un nuovo trasloco verso Milano, Roma, Londra o Bruxelles, non so esattamente dove. So solo che il mio pensiero questa notte va a tutte le persone che come me sono andate e forse dovranno andare in un altro paese, stato o continente, non per scelta ma per necessità , pugliesi, romani, torinesi, inglesi, tedeschi o marocchini che siano. So esattamente come ci si sente con quello strano gonfiore al cuore.
Mi scuso inoltre con tutte le persone citate, ma purtroppo mi accorgo dopo ogni trasloco che diventa sempre più difficile per me mantenere i contatti con tutti voi.
In ogni caso sappiate che siete tutti nel mio cuore.
Un abbraccio e buon anno a tutti.

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Comments (4)

  1. Ti amo, Edgar! Saluti a Anja. CU 2006.

    Abbraccio,
    /jens

  2. salve,

    bonus vir semper tiro.

    in memoriam 8-)

  3. Mario

    Ciao Edy,
    sono qui con Giovanna, mentre ci assaporiamo un buon piatto di pennette con la zucca.
    Ci fa’ piacere che ci ricordi ancora.
    La tua mancanza si sente e non solo perche’ non ti lavavi (scherzo).
    Sicuramente sei tra le poche persone sane che conosciamo, ed il fatto che condividiamo pienamente il tuo scritto ne e’ la prova.
    Il mistero della saggezza cessarola (pochi minuti di seduta e poi “fuori” i pensieri migliori) e quello della curiosa deformazione temporale che descrivi, dovrebbero essere studiate scientificamente.
    Nelle tue parole ritrovo molte delle senzazioni che ci accompagnano nel lavoro tutti i giorni.
    Noi purtroppo siamo dovuti scendere a dei compromessi, avere un figlio piccolo fa’ molta differenza.
    Forse ne esco giulivo (ma incaz..) solo perche’ ho una grande moglie ed il piccolo Raffaele (che ancora non ci fa’ riposare molto).
    Al momento e’ la famiglia che riesce a trascinarci nel lavorare in certe condizioni e a far finta di non vedere e non sentire.
    Certo che e’ maledettamente frustrante.
    Ora il fatto che anche tu hai riscontrato simili senzazioni, ci fa’ sentire un po’ piu’ normali (mal comune, mezzo gaudio)
    Noi ci sentiamo ancora forti e vivaci per intraprendere nuove strade e non e’ detto che cio’ non possa avvenire,

    buon anno a tutti,
    Mario e Giovanna

  4. Jerry

    Ho letto con partecipazione questa “ pagina di diario”, sentendomi coinvolto in prima persona.
    Il quadro descritto mi induce a profonde riflessioni anche su me stesso.
    Intanto solidarizzo con il blogger per quanto riguarda la sua condizione esistenziale di difficoltà, in cui trova un riflesso la mia.
    Nella mia visione del vita, forse un po’ ingenua, il lavoro è un valore positivo. Affermarsi attraverso di esso è un obiettivo concreto da perseguire.
    Nel piacere che si prova di fronte ai risultati ottenuti dal proprio lavoro e nella consapevolezza del suo valore per sé e per gli altri risiede la motivazione di ognuno di noi, la spinta vitale che ci permette di andare “oltre”.
    Quando questo presupposto viene a mancare, non rimane altra via d’uscita che andarsene, spostarsi in un luogo in cui le istanze naturali sopra esposte abbiano la possibilità di emergere e realizzarsi.
    Occorre riporre le proprie energie e speranze altrove. Ma questo ha un alto costo: significa perdere le proprie radici, i propri affetti, le proprie abitudini. Inventarsi un nuovo se stesso, in un ambiente all’inizio sconosciuto, in una lingua altra…
    Io probabilmente non avrò mai l’audacia necessaria per staccarmi dalla famiglia, recidere il cordone ombelicale e varcare la frontiera, ma sento una grande affinità con coloro che hanno avuto, hanno e avranno questo coraggio. Mi sento vicino a chi si trova a vivere in una terra che non è la sua, nella condizione di “straniero”. Forse perché anch’io mi sento in parte “straniero” pur trovandomi in un luogo che è “mio”. Con il termine “straniero” intendo diverso dagli altri, estraneo. In fondo lo straniero è di nessun luogo, di ogni luogo, cittadino del mondo. Non appartiene più alla sua patria e nemmeno al nuovo paese di residenza. E’ e resterà sempre un “ibrido” anche se riuscirà ad integrarsi perfettamente nella nuova realtà. E’ questa la percezione che ho di me stesso.
    Voglio concludere con una frase tratta dal saggio di Julia Kristeva “Stranieri a se stessi” (che consiglio a tutti): “Gli amici dello straniero, […], non potranno che essere coloro i quali si sentono stranieri a se stessi.”

    Mi sento di dire in amicizia

    Jerry